Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia così che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a voi, o Lettori beati, che avete la fortuna di abitare nello Spazio.
Immaginate un vasto foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e altre Figure Geometriche, invece di restare ferme al loro posto, si muovono qua e là, liberamente nella superficie o dentro di essa, ma senza potersene sollevare.
In un paese simile, ve ne sarete già resi conto, è impossibile che possa darsi alcunché di quel che voi chiamate “solido”.
(…) in Flatlandia la vita è abbastanza monotona. E come potrebbe essere altrimenti, quando tutto quel che si vede, non sono altro che una Linea con nessun’altra variante che diverse gradazioni di lucentezza e opacità?
Non è sempre stato così.
Se dobbiamo credere alla tradizione, una sola volta, il Colore gettò uno splendore transitorio sulle vite dei nostri progenitori lontani.
Un tale – un Pentagono il cui nome venne tramandato in forme diverse-scoprì per caso le componenti dei colori più semplici nonché un metodo rudimentale di pittura e si racconta che cominciò dapprima con la decorazione della propria casa, e da ultimo se stesso.
I vantaggi e la bellezza dei risultati furono subito chiari a tutti.
Dovunque Cromatiste – poiché le fonti più degne di fiducia concordano nel chiamarlo con questo nome- volgesse il suo contorno variegato, subito attirava l’attenzione e imponeva il rispetto.
La moda dilagò come un incendio.
Prima che fosse passata una settimana, ogni Quadrato e Triangolo del distretto aveva seguito l’esempio di Cromatiste.
Racconto fantastico a più dimensioni
Tratto da Edwin A. Abbott – 1882
Fotografie: Bruno Ravera
Opere d’arte: Sadaf Akrad